Nel web si continua a parlare di scuola e uso delle tecnologie e
per l’occasione mi sono segnato alcuni articoli che credo sia bene condividere
con i venticinque lettori di questo blog.
Si inizia naturalmente dalle dichiarazioni
d’intenti del ministro Profumo e la sua
aspirazione ad una scuola già in fase mutante, un ibrido quasi volponiano,
mezza aula e mezzo tablet.
Poi però basta leggere la semplice testimonianza di un volenteroso padre di uno studente della
scuola media per toccare con mano i limiti non tanto scolastici quanto
editoriali di una trasformazione che ancora non è stata del tutto elaborata
nemmeno dagli editori specializzati, i quali per ora propongo mesti PDF per
andare incontro (e, diciamolo, anche in qualche modo aggirare) le disposizioni
del fu ministro Gelmini.
La questione è comunque molto più complessa e se ne
accennano i contorni in questo
articolo comparso qualche giorno fa sul
Sole 24 ore: casi
virtuosi, idee interessanti che comunque
dimostrano un’attività
carsica costante in questo ambito, ma anche
la consapevolezza che prima che tra le mani dello studente il tablet dovrebbe
andare tra quelle degli insegnanti, affinché si possano creare i veri
presupposti di una didattica 2.0 o quello che sia, in ogni modo una didattica
che non debba per forza utilizzare le nuove tecnologie, ma ne debba comunque tenere conto. Per quale motivo? Se non altro, come dice
giustamente questo
articolo sul Guardian,
per portare gli studenti cosiddetti “nativi digitali” (con tutti i limiti che
tale definizione impone)
da una confidenza tecnologia a una consapevolezza tecnologica, che è ben altro e presuppone la capacità di selezionare
e filtrare le fonti informative ormai incessanti per darne, oltre che
un’interpretazione, una narrazione personale. Per prepare, o almeno far sì che i giovani siano
pronti, a mestieri che ancora non esistono e non basandosi solo su quelli
attuali.
Rimando infine a questo bel post in cui si enucleano alcuni elementi del
DNA della nuova educazione: cartaceo o digitale,
l’apprendimento deve essere meno statico, più flessibile e improntato alla realizzazione concreta di un progetto
personale, lo sviluppo di una capacità di
approfondire ciò che la rapidità attuale fa
apparire illusoriamente superficiale e poco degno di attenzione. Il web non è solo flusso, è anche
link, pensiero laterale, ricerca in verticale oltre che condivisone
orizzontale. È qui che entra in gioco la
consapevolezza tecnologica di cui sopra.
Vengono in mente le sempre attuali Lezioni americane di Calvino, dove si parla di rapidità e
leggerezza e in cui già il mondo dei bit era visto come un nuovo
paradigma le cui caratteristiche – rapidità e
leggerezza, appunto – non erano viste come negative ma anzi come armi il cui buon uso sarà
indispensabile per capire e vivere il presente.
Alla scuola l’onere di fornire le istruzioni per
l’uso. Sarà all’altezza? Facciamo tutti in modo che lo sia.