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I beni culturali sono tutti i beni designati da ciascuno Stato come
importanti per l'archeologia, la letteratura, l'arte, la scienza, la
demologia, l'etnologia o l'antropologia; si contrappongono, per
definizione, ai "beni naturali" in quanto questi ultimi ci sono offerti
dalla natura, mentre i primi sono il prodotto della cultura dell'essere
umano. Si veda sotto per il dettaglio delle definizioni in vigore in
Italia.
Definizioni normativa internazionale
Un bene culturale si definisce materiale quando è fisicamente tangibile,
come un'opera architettonica, un dipinto, una scultura. Si definisce
invece immateriale quando non è fisicamente tangibile, come una lingua o
dialetto, una manifestazione del folklore o persino una ricetta culinaria.
Al di là della generica definizione, i beni culturali hanno trovato, nel
tempo, più precise classificazioni, in specie da parte del diritto
internazionale pubblico. In particolare hanno provveduto alla definizione
dei beni culturali:
materiali, la convenzione sulla protezione dei beni culturali nei
conflitti armati adottata all'Aja il 14 maggio 1954;
immateriali, la convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale
Immateriale adottata a Parigi il 17 ottobre 2003.
La convenzione dell'Aja (1954) identifica i seguenti beni culturali
materiali:
i beni, mobili o immobili, di grande importanza per il patrimonio
culturale dei popoli, come i monumenti architettonici, di arte o di
storia, religiosi o laici; i siti archeologici; i complessi di costruzioni
che, nel loro insieme, offrono un interesse storico o artistico; le opere
d'arte; i manoscritti, libri e altri oggetti d'interesse artistico,
storico o archeologico; nonché le collezioni scientifiche e le collezioni
importanti di libri o di archivi o di riproduzioni dei beni sopra
definiti;
gli edifici la cui destinazione principale ed effettiva è di conservare o
di esporre i beni culturali mobili definiti al comma precedente, quali i
musei, le grandi biblioteche, i depositi di archivi, come pure i rifugi
destinati a ricoverare, in caso di conflitto armato, i beni culturali
mobili definiti al comma precedente;
i centri comprendenti un numero considerevole di beni culturali, definiti
ai commi precedenti, detti centri monumentali.
La convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale
(2003) dà la seguente definizione dei beni culturali immateriali:
le pratiche, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, le
abilità – così come gli strumenti, gli oggetti, gli artefatti e gli
spazi culturali ad essi associati – che comunità, gruppi e, in certi
casi, individui riconoscono come parte del loro patrimonio culturale.
Questo patrimonio culturale, trasmesso di generazione in generazione, è
costantemente rigenerato da comunità e gruppi in risposta al loro
ambiente, alla loro interazione con la natura e la loro storia, e procura
loro un senso di identità e continuità, promuovendo così rispetto per
la diversità culturale e la creatività umana.
il patrimonio culturale immateriale come sopra definito si manifesta, fra
l'altro, nei seguenti campi:
tradizioni ed espressioni orali, inclusa la lingua quale veicolo del
Patrimonio Culturale immateriale;
le arti rappresentative;
le pratiche sociali, i rituali e gli eventi festivi;
conoscenze e pratiche riguardanti la natura e l'universo;
le abilità artistiche tradizionali.
Questa convenzione considera suscettibile di protezione soltanto il
patrimonio culturale immateriale compatibile con gli strumenti
internazionali esistenti sui diritti umani, con le esigenze di mutuo
rispetto fra le comunità, gruppi ed individui e con lo sviluppo
sostenibile.
Disciplina normativa italiana
Il 22 gennaio 2004 è stato approvato il nuovo Codice dei beni culturali e
del paesaggio (decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42, ai sensi
dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002 n. 137) che ha sostituito la
precedente normativa del 1999 e ha chiarito finalmente il concetto di bene
culturale, vago anche dopo la creazione del Ministero.
Secondo l'art. 10 del succitato codice sono sempre beni culturali:
«le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle Regioni, agli
altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto
pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi
gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse
artistico, storico, archeologico o etnoantropologico».[1]
Sono inoltre beni culturali altri tipi di documenti e raccolte[2] nonché
i beni posseduti da privati se dichiarati tali dalle locali soprintendenze
con apposita dichiarazione e non esclusi esplicitamente mediante
l'apposita procedura,[3] mentre tale dichiarazione non è necessaria per i
beni prima elencati[4] Per legge è costituito il catalogo nazionale dei
beni culturali (in diverse articolazioni), dove dovrebbero confluire tutte
le informazioni sui beni culturali: il catalogo non è pubblicamente
accessibile a tutti; l'accesso a tali informazioni è disciplinato dalla
normativa sul diritto di accesso ai documenti amministrativi.[5]
Uso commerciale
Il Codice dei beni culturali e del paesaggio è servito a disciplinare lo
sfruttamento commerciale dei beni culturali, riservandolo alle
soprintendenze e ai privati da esse autorizzati dietro pagamento di
appositi corrispettivi. Tale sistema dovrebbe servire a finanziare la
conservazione e gestione dei beni culturali e fa sì che in Italia siano
presenti restrizioni ignote in altri paesi, come ad esempio il sostanziale annullamento della libertà di panorama
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