Cultura & Spettacoli
Barbareschi, uomini e Re
"Il discorso del re", capolavoro di David Seidler, dal quale recentemente ne è stato tratto un film pluripremiato, approda al Teatro Morlacchi di Perugia da mercoledì a domenica 4 novembre, nella bellissima e intensa messa in scena che vede Luca Barbareschi nel doppio ruolo di regista e interprete. Lo affianca un cast importante, formato da Filippo Dini, Astrid Meloni, Chiara Claudi, Roberto Mantovani, Mauro Santopietro, Ruggero Cara.
Ambientata in una Londra surreale, a cavallo tra gli anni '20 e '30, la commedia è centrata sulle vicende di Albert, secondogenito balbuziente del Re Giorgio V. Dopo la morte del padre, il timido e complessato duca di York non sarebbe dovuto salire al trono d'Inghilterra. Il primogenito era infatti Edoardo, che divenne sì re ma che, per amore di Wallis Simpson, abdicò neppure un anno dopo. Ad Albert toccò il peso della corona diventando sovrano con il nome di Giorgio VI.
Una commedia umana a tratti molto commovente, ma anche capace di far ridere, che nasce come testo teatrale e dimostra come aneddoti nascosti nelle pieghe della Storia possano elevarsi alla potenza dell'epica, se narrati con perizia e ritmo.
A Barbareschi abbiamo rivolto alcune domande.
Intanto Luca perché questa scelta così particolare?
«"Il discorso del Re" per me si inserisce nel filone dove il teatro resta soprattutto un inno alla voce e all'importanza delle parole. Una pièce tutta volta a celebrare la parola, a riscoprirne il mistero, la vita, l'essenza. in un tempo - il nostro - ove invece lo strumento "parola" viene troppo spesso privato del suo senso, della sua dignità, degradato per strumentalizzare e demolire».
In questo lavoro sembra quasi però che la parola abbia dei problemi ad essere espressa, proprio perché c'è la balbuzie, la difficoltà di comunicare. Sembra quasi un paradosso.
«Il mio personaggio, che è colui chiamato a "guarire" Re Giorgio, non è un semplice logopedista, è un attore fallito, ma soprattutto un uomo dotato di una sensibilità particolare, attento a scrutare e comprendere prima di tutto l'animo umano».
E dunque c'è una grande attenzione all'uomo, alla verità, all'autenticità che spesso è negata dagli eventi e perfino da se stessi...
«Basta leggere i giornali per rendersi conto che abbiamo perso la centralità dell'uomo. Dov'è finita l'etica, la coerenza? Sono convinto che bisogna ritornare all'essenza delle cose, incamminarci verso un nuovo Umanesimo. E in questa commedia si racconta di uomini, di sentimenti, di educazione, di un frammento di storia che pur leggera come "un battito di ali di farfalla" è stata in grado di incidere sul destino dell'umanità intera. Certe volte mi chiedo che epoca sarebbe oggi la nostra se avesse governato il fratello di Albert, un filonazista sostenitore di Hitler e se Re Giorgio VI non avesse "ritrovato" la parola. Ecco allora che la vicenda di quel "logopedista" improvvisato, ma soprattutto uomo geniale e attento, dallo sguardo profondo, ha fatto sì che ad un certo punto un protagonista di quei tempi "guarisse" dal suo handicap fino ad esprimere il meglio di se stesso, attingendo a sani principi e sane convinzioni».
Ma veniamo al suo percorso professionale. Il teatro sembra mantenere per lei una centralità importante. Cos'è che la porta ad impegnarsi in un lavoro così faticoso?
«Io sono un ebreo, ma penso che il teatro per l'attore sia un po' come per il sacerdote la celebrazione della messa, c'è un momento di grande comunione con le persone davanti a te e se tu lo fai con animo e cuore è un'esperienza straordinaria. E io ogni sera mi metto lì con il mio quaderno degli appunti, studio, sistemo le battute, chiamo gli attori nel camerino... Sono un po' pedante ma le persone che lavorano con me sono contente. Del teatro non potrei farne a meno perché so che quando uno entra in questa cosa il cuore ti si apre in un'altra maniera e la vita ti cambia molto».
Che libro sta leggendo?
«"Il problema Spinoza", scritto da Yalom Irvin D. e anche qui vi trovo il coraggio di mettersi in discussione, la voglia di cercare la verità e di scombinare logiche e modelli costituiti. Credo che quando si perde questa voglia, questo piacere di indagare e di interrogarsi e di dubitare, ci si ritrovi "schiavi" di "disegni" che non ci appartengono e che non solo fanno del male a noi stessi ma anche a tutti coloro con cui interagiamo».
[[[[[[ links ]]]]]]]
http://en.wikipedia.org/wiki/BAFTA_Award_for_Best_Original_Screenplay
http://en.wikipedia.org/wiki/The_King%27s_Speech
http://en.wikipedia.org/wiki/David_Seidler
http://en.wikipedia.org/wiki/David_Seidler
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