In un articolo di settembre avevo cercato, partendo dall’analisi del fondamentale rapporto OCSE sulla scuola digitale italiana, di porre alcuni punti di riflessione e avanzare alcune proposte “di sistema”. Credo che queste siano ancora valide, ma penso che sia utile esplicitare maggiormente l’approccio organizzativo che credo sia da suggerire al Ministro Carrozza.
In particolare, penso sia utile soffermarsi su alcuni punti:
- l’istruzione digitale non può essere vista come tema esclusivo della Scuola;
- la possibilità di realizzare una efficace istruzione digitale dipende in gran parte dall’approccio organizzativo che si sceglie di applicare;
- il passaggio alla scuola digitale implica una rivisitazione profonda del tipo di organizzazione che ciascuna scuola deve avere.
L’Istruzione Digitale non e’ un tema esclusivo della Scuola
Come sta anche emergendo nelle discussioni dei gruppi di lavoro del Tavolo di coordinamento del Piano Nazionale della Cultura, della Formazione e delle competenze digitali istituito dall’Agenzia per l’Italia Digitale (Agid), l’istruzione digitale è uno dei tasselli fondamentali di un sistema educativo più ampio che deve avere tra gli obiettivi la costruzione di cittadini consapevoli e in grado di svolgere un ruolo attivo nella società della conoscenza, e di lavoratori in grado di utilizzare le competenze digitali nei diversi settori in cui si svolge la loro attività.Perché l’Italia sia in grado di recuperare il terreno perduto nei confronti della maggior parte dei paesi Europei e di operare quella trasformazione profonda che può consentirle di essere di nuovo competitiva e di tornare a crescere a livello economico e sociale, è necessaria un’azione di sistema, guidata da una strategia complessiva sul “futuro digitale” e tale da valorizzare tutta la rete di attori che costituiscono il sistema educativo, includendo certamente le istituzioni locali, le biblioteche, le associazioni di volontariato, le associazioni professionali e di imprese.
In questo senso è necessario che la Scuola “si apra” al territorio, riconoscendo l’importanza di creare una rete di connessione educativa con gli altri soggetti, in uno scambio cognitivo e creativo che permetta di costruire percorsi educativi continuativi dentro e fuori l’orario scolastico, dentro e fuori le sedi scolastiche, aprendo le scuole al territorio e allo stesso tempo aprendo il territorio alle scuole.
Concretizzare questo approccio significa definire, ad esempio, le revisioni necessarie del Piano Nazionale Scuola Digitale, di cui sono state evidenziate le carenze maggiori nel rapporto OCSE già citato, all’interno della strategia complessiva dell’Agenda Digitale sul tema della cultura e delle competenze digitali. E quindi è necessario dare all’iniziativa dell’Agid il massimo del “committment” come luogo d’incontro delle diverse esigenze e delle diverse prospettive, saldandola con le attività della Cabina di Regia in vista di un (speriamo) rapido completamento dell’Agenda Digitale Italiana.
Quale approccio organizzativo
Se l’obiettivo che ci si propone è quello di realizzare una scuola in grado di preparare i cittadini e i professionisti di domani, e solo in questo senso declinare il termine “scuola digitale”, come presa d’atto della rivoluzione digitale in corso nella società e nell’economia, può essere da spunto utile il ragionamento fatto alDigital Government Summit da Luca De Biase, così semplificabile: poiché la Scuola oggi sta preparando i cittadini del 2030 e non sappiamo come sarà il mondo nel 2030, dobbiamo focalizzarci sul metodo e sull’approccio che permettano di vivere il futuro, qualunque esso sia.In questo senso credo sia fondamentale per la Scuola acquisire la capacità di essere flessibile, farsi “beta permanente”, cioè di essere in grado di cambiare muovendosi progressivamente e continuativamente secondo l’evoluzione sociale, in un rapporto di “allineamento” che le consenta sempre di essere adeguata e proattiva (ma non succube o “follower”) verso i cambiamenti che intervengono nella società.
Un modo per far questo è di valorizzare uno degli elementi caratteristici di complessità, che è dato dalla capillarità e dalla vastità del sistema scolastico, facendo sì che la logica della scuola dell’autonomia si componga in un sistema a rete, regolato e coordinato.
L’approccio del Miur dovrebbe essere pertanto sempre più quello di favorire, rafforzare e fluidificare le reti tra le iniziative delle diverse scuole, sempre più operando per la realizzazione di un sistema di knowledge managementcomplessivo.
L’esperienza della rete Book In Progress è solo una delle più riuscite iniziative di knowledge management realizzate “dal basso”, per spinta progettuale delle singole scuole, senza una presenza “centrale” che la considerasse come una modalità organica di innovazione di sistema. Innovazione che deve essere indirizzata strategicamente a livello nazionale, ma che poi si sviluppa e si articola sulle gambe e sul valore delle scuole, sul territorio, con l’organizzazione centrale che opera come tutor, facilitatore di correlazioni e scambi, fornitore di piattaforme di condivisione e luoghi d’incontro.
Anche in questo senso sarebbe bene fosse riorganizzata l’attività formativa verso gli insegnanti e i dirigenti, sempre meno basata su corsi in aula e sempre più operata a rete e localmente, con utilizzo di tutorship e peer-education, accelerata dalla disponibilità di contenuti digitali specifici, e allo stesso tempo costantemente monitorata nel raggiungimento dei profili di competenza attesa. Naturalmente, avendo prima definito un sistema di competenze comune.
Riorganizzare le scuole
L’evoluzione della didattica, verso nuovi sistemi di apprendimento, si realizza solo in un contesto “consapevolmente digitale”. Un contesto, in altri termini, in cui il digitale non è vissuto né come pericolo né come panacea assoluta, ma come grande opportunità di evoluzione e innovazione. La realizzazione di un tale contesto passa dall’acquisizione piena delle adeguate competenze digitali da parte dei dirigenti e degli insegnanti, ad un livello tale da consentire loro di attuarle in modo proattivo e creativo nell’ambito della propria attività, sia nel contesto specificatamente didattico sia in quello di gestione scolastica.Le esperienze insegnano (come quelle dei dirigenti scolastici Antonio Fini e Daniele Barca, ma anche quelle di Book In Progress e ImparaDigitale) che il cambiamento può avvenire in modo organico e rapido se viene promosso e guidato dai dirigenti scolastici e se ha un approccio che
- prevede anche passaggi di “switch-off” digitali nei processi interni (es. passando ad una comunicazione interna – circolari, ecc.. – esclusivamente in formato digitale);
- affronta il tema delle risorse in modo creativo e proattivo (es. usufruendo delle dismissioni tecnologiche delle aziende);
- attua le innovazioni in modo “digitalmente consapevole” (es. evitando di reintrodurre concetti da superare come “la media fa il voto” solo perché si deve passare al registro elettronico, e scegliendo una modalità che supporti e sia davvero vicina e utile agli insegnanti);
- valorizza il coinvolgimento attivo degli insegnanti, sempre più attori protagonisti di questa trasformazione.
In questo senso diventa sempre più necessario pensare di dotare di competenze tecniche stabili e affidabili le scuole (tra l’altro oggi con istituti comprensivi che aggregano decine di plessi), il che consentirebbe di approdare a soluzioni efficaci anche innovative ed economiche (vedi l’estensione della rete GARR alle scuole o l’adozione di banchi elettronici basati su Arduino).
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