http://ltaonline.wordpress.com/2013/12/27/app-a-bocca-aperta/
App a bocca apertadi Roberto MaraglianoAnni fa, molti anni fa, avendo io osato associare, nel corso di un’intervista telefonica per una testata giornalistica, multimedialità e videogioco ad epistemologia, diventai, in quanto “epistemologo del videogioco”, zimbello di gazzette e gazzettieri. La cosa non avrebbe nessuna importanza se non fosse che l’argomento fu tra le altre una delle armi usate da politici, intellettuali, accademici, editori per impedire che, qui da noi, si avviasse un ripensamento dei contenuti dell’insegnamento scolastico. Analoga vicenda conobbe contemporaneamente la Francia, anche se un argomento utile per bollare un pedagogista di provincia non poteva certo essere usato contro uno come Edgar Morin, al quale, parimenti, era stato chiesto di avviare una fase di discussione attorno ai saperi scolastici e del cui contributo si fece comunque carta straccia. Chi fosse mosso da curiosità e intendesse verificare come già allora, in tempi tutt’altro che sospetti, bastasse uno slogan azzeccato per creare il vuoto attorno ad un’idea, può rifarsi agli appunti, o puntualizzazioni, che trovaqui.
Se richiamo quell’esperienza è per dire che non ho cambiato idea, anzi lo stravolgimento in atto nei rapporti tra operatività e sapere e il riconoscimento dell’importanza che sempre più riveste il “vedere con la mano” cui frequentemente si richiama Silvano Tagliagambe, mi autorizzano a mantenere ben ferme quelle posizioni.
Del resto quel che vedo attorno non fa che portarmi conferme. E pazienza se le nostrane gazzette e i nostrani gazzettieri quel che io vedo (non solo ma assieme a centinaia di migliaia di individui in tutto il mondo) si ostinano a non vedere e s’inventano ogni marchingegno materiale o concettuale per impedire che altri vedano.
In pratica, cos’è che vedo? Che nel multimediale, anche in quello commerciale (orrore!) c’è dell’arte, e ce n’è in coerenza con l’accezione più ampia e nobile del termine, quella su cui, appunto, convergono le ragioni della tecnica, dell’estetica, pure del perfezionamento spirituale.Prendete due app uscite nel 2013 e date loro fiducia. Ma soprattutto dedicate loro, come meritano, qualche ora di piacevole ancorché impegnativo praticantato. Ne uscirete, ve l’assicuro, trasformati e nobilitati, nonché disposti a farvi beffe di tutti quegli improvvisati soloni che, nessuna esperienza personale avendo di multimediale e rete e tablet, vedono in tutto ciò l’astuzia del diavolo tentatore e dunque il rischio di perdere l’innocenza pedagogica.
No, voi sporcatevele le mani, anzi le dita. E poi ditemi se non ne valeva la pena (e pure la spesa, come dicono al mio paese).
Le app di cui sto dicendo sono Disney Animated e The Liszt Sonata, tutte e due prodotte dall’azienda inglese Touch Press. Nell’una sono messe a frutto settantacinque anni di ricerca e produzione sul fronte dell’animazione cinematografica: lo sapiamo, anche se non sempre ne teniamo conto, la Disney è sempre stata all’avanguardia nella scoperta e nell’uso della tecnologia. Poteva lasciarsi sfuggire l’occasione di fare il punto su questo immenso patrimonio di idee ed esperienze? Sull’altro fronte, c’è una delle più ardue (anche per chi ascolta) sonate per pianoforte, quella in Si minore di Franz Liszt.
Sfido chiunque le abbia provate a sostenere che il digitale non aggiunge niente a quanto già esiste. Mai prima d’ora s’era pensato che uno stesso spazio potesse contenere e mostrare le migliaia di sfumature di colore dei più di cinquanta lungometraggi disneyani, mai s’era pensato di mostrare contemporaneamente all’esecuzione di un brano pianistico ripreso da tre diverse angolazioni lo svolgersi dello spartito, la visualizzazione grafica delle notazioni, i commenti scritti e orali dell’esecutore.Credetemi, resterete a bocca aperta.
Preoccupati e dispiaciuti, soltanto, di dover aspettare anche solo un’ora in più, prima che questo modo di fare conoscenza si affermi anche nelle sedi istituzionalmente deputate a fare conoscenza.§
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